Purgatorio Canto VI

Purgatorio 6

«Mantüa…», e l’ombra, tutta in sé romita,
surse ver’ lui del loco ove pria stava,
dicendo: «O Mantoano, io son Sordello
de la tua terra!»; e l’un l’altro abbracciava.

vv. 72-75

Nell’Antipurgatorio le anime dei morti per violenza si stringono intorno a Dante, che ha ripreso il cammino. Egli riconosce fra di loro personaggi noti. Tra le anime c’è quella dell’Aretino ucciso da Ghino di Tacco e Guccio de’ Tarlati che morì annegato, ci sono Federico Novello e il pisano che fece sembrare forte il padre Marzucco. Ci sono il conte Orso degli Alberti e l’anima di Pierre de la Brosse, che dice di essere stato ucciso per invidia, per cui Maria di Brabante dovrebbe pentirsi per evitare la dannazione. La richiesta di preghiere da parte dei penitenti provoca un dubbio nel Poeta, che ricorda l’affermazione da Virgilio nell’Eneide circa l’inutilità della preghiera per mutare un decreto divino. Il Maestro spiega però che è vana solo la supplica non rivolta al vero Dio, mentre nel mondo cristiano essa può muovere a misericordia la volontà celeste. Virgilio poi si accosta a un’anima isolata dalle altre perché venga loro indicata la via migliore per salire. Quella non risponde, ma chiede chi siano e da dove vengano i due pellegrini. Non appena Virgilio pronuncia il nome di Mantova, l’ombra rivela di essere Sordello, di essere della sua stessa terra e lo abbraccia. Dante, di fronte a questa manifestazione di amore patrio, inizia una violenta invettiva contro l’Italia, i cui cittadini hanno dimenticato virtù e concordia, combattendosi come nemici. Invano Giustiniano ha riorganizzato le leggi della vita civile, se la Chiesa, intervenendo in campo politico, impedisce all’imperatore di governare. Del resto gli ultimi imperatori, presi dai problemi della Germania, non si sono più curati né dell’Italia né della città imperiale per eccellenza, Roma. Dante accusa l’imperatore Alberto I d’Asburgo di abbandonare l’Italia, diventata una bestia sfrenata, mentre dovrebbe essere lui a cavalcarla. L’invettiva termina con la visione di Firenze dilaniata dalle lotte interne e incapace di darsi un governo stabile.

Questo Canto è stato adottato da Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali di Ravenna

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Lettura del Canto

Il Canto viene letto da Francesco Morini

Il Canto viene letto da Spazio A