Paradiso Canto VIII

Paradiso 8

Quella sinistra riva che si lava
di Rodano poi ch’è misto con Sorga,
per suo segnore a tempo m’aspettava,

vv. 58-60

Dante e Beatrice ascendono al terzo Cielo, quello di Venere, dove ci sono le anime di coloro che in vita sentirono con particolare intensità l’impulso amoroso e che seppero volgere questa loro inclinazione naturale a nobili azioni. La prima anima che si fa avanti è quella del figlio di Carlo II d’Angiò, Carlo Martello. Il giovane principe parla delle terre di cui sarebbe diventato sovrano se la morte non lo avesse rapito, la Provenza e la regione napoletana. Ricorda che anche la Sicilia avrebbe potuto essere un suo dominio, se la casata angioina avesse saputo ben governarla e non avesse provocato la rivolta dei Vespri Siciliani. Accenna poi al rapace governo esercitato nel regno di Napoli dal fratello Roberto. Dante gli chiede di sciogliere un suo dubbio: come è possibile che i figli siano di indole diversa da quella dei padri? Carlo Martello risponde che Dio fa ruotare i Cieli del Paradiso e la sua Provvidenza diventa operante negli astri. Dio determina le nature umane per la loro essenza e per il loro fine nel mondo, per cui ogni cosa stabilita dalla Provvidenza si avvera per un determinato scopo. I Cieli agiscono sulla terra con i loro influssi secondo fini preordinati da Dio, ma diffondono la loro forza plasmatrice a caso, senza distinguere. Se così non fosse, non esisterebbe tra gli uomini una differenziazione nelle attitudini. Tale differenziazione è indispensabile perché, essendo l’uomo creato per vivere in un organismo sociale, dove i compiti da svolgere sono molteplici, occorre che ciascuno sia in grado di ricoprire il suo ruolo. Carlo Martello termina con un amaro rimprovero al mondo, che non rispetta le attitudini naturali dei singoli uomini.

Questo Canto è stato adottato da Lions Club Romagna Padusa Ravenna

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Lettura del Canto

Il Canto viene letto da Claudia Giuliani