Paradiso Canto IX

Paradiso 9

D’una radice nacqui e io ed ella:
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
perché mi vinse il lume d’esta stella;

vv. 31-33

Nel terzo Cielo, quello di Venere, si conclude l’incontro di Dante con Carlo Martello, dopo che questo ha preannunciato le sciagure che entro breve colpiranno la casa angioina. Subito dopo un altro spirito del cielo di Venere si avanza verso il Poeta: è Cunizza da Romano, sorella di Ezzelino III, il famoso tiranno della Marca Trevigiana. Dopo aver presentato la propria terra, Cunizza accenna alla corruzione che dilaga nella regione trevigiana e profetizza per essa un doloroso futuro: Padova, Treviso, Feltre, dove il male è ormai diventato costume di vita, pagheranno ben presto il fio delle loro colpe. Quando Cunizza riprende la danza che aveva interrotta per parlare con lui, Dante si rivolge all’anima che gli era stata presentata dalla nobildonna trevigiana, invitandola a rivelare il proprio nome. Si tratta di un trovatore, Folchetto da Marsiglia, che divenne vescovo di Tolosa e partecipò alla crociata contro gli Albigesi. Presentata la sua città, egli rivela a Dante che gode la beatitudine del terzo cielo anche Raab, la meretrice di Gerico che aiutò il condottiero ebraico Giosuè nella conquista della città, meritandosi così la salvezza eterna. Folco chiude il suo discorso con un’aspra invettiva contro Firenze, colpevole di aver coniato la moneta d’oro, il fiorino, causa prima del diffondersi dell’avidità nel mondo; e contro la Chiesa, che si lascia traviare dal miraggio dei beni terreni.

Questo Canto è stato adottato da Anmic Associazione Nazionale Mutilati Invalidi Civili

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