Purgatorio Canto XVIII

Purgatorio 18

Ma questa sonnolenza mi fu tolta
subitamente da gente che dopo
le nostre spalle a noi era già volta.

vv. 88-90

Virgilio, sempre rimanendo nella quarta Cornice, dove si trovano gli accidiosi, continua la trattazione dell’amore per chiarire al suo discepolo in che modo questo possa essere inizio di ogni bene e di ogni male. L’animo per natura è disposto all’amore e ogni volta che gli si presenta una cosa piacevole, si dirige verso di essa: questa inclinazione è amore. Nasce tuttavia, in Dante, un dubbio intorno alla libertà dell’uomo, dove il libero arbitrio è guidato da impulsi che vengono dall’esterno e spinto da forze naturali non soggette alla sua volontà. Ma Virgilio afferma che nella creatura umana agisce anche la ragione, che ha il compito di studiare, scegliere e guidare le tendenze naturali. Intanto la Luna è già comparsa nel cielo e Dante, preso da improvvisa sonnolenza, viene riscosso dal sopraggiungere di una turba di anime che avanzano in corsa affannosa: sono gli accidiosi, che per contrappasso devono ora mostrare lo zelo che non ebbero in vita. Due anime gridano esempi di sollecitudine: la visita della Vergine ad Elisabetta e la rapidità di Cesare, che per sottomettere Ilerda prima colpì Marsiglia e poi corse in Spagna. Dante dice di essere ancora vivo e chiede la via per salire alla Cornice successiva. Uno degli spiriti li invita a seguirli, presentandosi come l’abate di San Zeno a Verona al tempo di Federico Barbarossa. Egli dice che un tale che è prossimo alla morte (Alberto della Scala) si pentirà di aver avuto potere su quel monastero, dove ha posto come abate suo figlio, menomato nel corpo e nella mente, invece del prelato che avrebbe dovuto ricoprire quella carica.

Questo Canto è stato adottato da Salbaroli Editore di Patrizia Passanti.

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