Purgatorio Canto XX

Purgatorio 20

«O anima che tanto ben favelle,
dimmi chi fosti», dissi, «e perché sola
tu queste degne lode rinovelle.

vv. 34-36

Nella quinta Cornice, quella degli avari e prodighi, Dante procede accanto a Virgilio, badando di non calpestare le anime distese a terra. Il Poeta ode una voce che ricorda piangendo due esempi di povertà e uno di liberalità: Maria, che visse così poveramente da partorire Gesù in una stalla; G. Fabrizio Luscinio, il console romano che preferì vivere poveramente piuttosto che cedere al vizio e San Niccolò, che donò denaro a delle fanciulle povere per mantenere intatto il loro onore. La voce è quella di Ugo Capeto, iniziatore della dinastia dei capetingi, che fa una durissima requisitoria contro i suoi discendenti, colpevoli della corruzione dilagante nel mondo: Carlo I d’Angiò, che provocò la morte di Corradino di Svevia e di San Tommaso d’Aquino, Carlo di Valois, che concorse ad aumentare i disordini di Firenze, Carlo II d’Angiò, che diede in sposa la giovanissima figlia Beatrice ad Azzo VIII d’Este in cambio di una somma di denaro; Filippo il Bello, responsabile dell’episodio di Anagni ai danni di Bonifacio VIII, oltre che della persecuzione contro i Templari. Ugo Capeto rivela che i penitenti della quinta Cornice durante il giorno recitano esempi di povertà e di liberalità, mentre durante la notte esempi di avarizia punita (Pigmalione; il re Mida; Acan; Safira e suo marito; Eliodoro; Polinestore; infine Licinio Crasso). Appena Dante e Virgilio si sono allontanati da Ugo Capeto, un terremoto scuote all’improvviso il monte del purgatorio, mentre tutte le anime intonano il canto del «Gloria in excelsis Deo».

Questo Canto è stato adottato da A.I.D.O. Provinciale Ravenna.

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Lettura del Canto

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