Purgatorio Canto XXI

Purgatorio 21

né ci addemmo di lei, sì parlò pria,
dicendo: «O frati miei, Dio vi dea pace».
Noi ci volgemmo sùbiti, e Virgilio
rendéli ‘l cenno ch’a ciò si conface.

vv. 12-14

Dante, nella quinta Cornice, quella degli avari e prodighi, desidera conoscere la causa del terremoto che ha scosso il monte e del canto del «Gloria» che le anime hanno innalzato subito dopo. Alle spalle dei due pellegrini compare un’ombra, che rivolge loro un augurio di pace. A quest’anima Virgilio chiede spiegazione dei fatti avvenuti. Il monte del Purgatorio, spiega lo spirito, è soggetto a leggi diverse da quelle della natura sulla terra, perché non vi è grandine, neve, rugiada, brina, nuvole, lampi, arcobaleni, né tanto meno terremoti. Il monte viene scosso solo quando un’anima ha compiuto la sua purificazione ed è diventata degna di entrare in Paradiso e tutti gli spiriti penitenti ringraziano Dio con il canto del «Gloria». L’ombra rivela il suo nome: è Stazio, famoso poeta latino, autore della Tebaide e della Achilleide, vissuto nel I secolo d. C. Stazio inizia una commossa esaltazione di Virgilio e della sua opera, affermando che l’Eneide alimentò ed educò il suo spirito poetico e fu anche madre. Ignaro di essere davanti a colui che considera il suo maestro, dichiara che acconsentirebbe a restare un anno di più nel Purgatorio, pur di essere vissuto al tempo del grande mantovano. Dopo queste parole, Dante, vincendo l’umiltà e la ritrosia di Virgilio, rivela il nome della sua guida. Stazio si getta ad abbracciare i piedi di Virgilio, che però lo invita a non farlo, in quanto entrambi sono ombre inconsistenti. Stazio si rialza e dichiara di provare incondizionato amore per il grande poeta latino, al punto che si era scordato di essere un corpo aereo.

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Lettura del Canto

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