Com’io al piè della sua tomba fui,
guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,
mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?»
vv. 40-42
Nel VI Cerchio, nella città di Dite, Dante chiede alla sua guida se è possibile parlare con alcune delle anime nei sepolcri. Virgilio dice che, dopo il giudizio universale, i sepolcri saranno chiusi e le anime rivedranno i loro corpi. Una di queste, sentendo l’accento toscano di Dante, lo invita a fermarsi: è Farinata degli Uberti, capo ghibellino che fu coinvolto nelle lotte politiche a Firenze. Egli si solleva dal sepolcro e inizia unn dialogo politico: l’eretico vuole sapere da che parte stia Dante e quali fossero i suoi antenati. Farinata si vanta perché essi furono scacciati dai ghibellini due volte. Dante replica che tutte e due le volte i suoi antenati sono rientrati in patria, al contrario dei ghibellini che poi furono esiliati e non rientrarono più. Nel colloquio interviene un nuovo personaggio, che si vede appena, perché è inginocchiato e piange. È Cavalcante de’ Cavalcanti, padre di Guido, amico di Dante e famoso stilnovista. Cavalcante chiede a Dante come mai Guido non sia con lui e il poeta gli risponde che il suo amico non fu credente come lo è lui. Il passato remoto utilizzato getta nello sconforto il padre, che pensa che il figlio sia morto. Dante tarda a rispondere e Cavalcante cade supino e non si fa più vedere. Riprende il dialogo con Farinata che afferma che l’incapacità dei suoi alleati di rientrare in patria è per lui motivo di sconforto. Dante chiede spiegazioni sulla capacità dei dannati di vedere il futuro. Farinata spiega a Dante che i dannati non hanno conoscenza del presente, ma solo del futuro. I due scrittori si avviano poi verso il settimo Cerchio.
Questo Canto è stato adottato da Nerio Gambi
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Risorse Disponibili
- Collocazione del Canto nella cosmologia Dantesca
- Testo integrale del Canto
- Racconto del Canto per bambini dai 5 ai 100 anni
Lettura del Canto
Il Canto viene letto da Andrea Chaves