Inferno Canto XVI

Inferno 16

nepote fu de la buona Gualdrada;
Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita
fece col senno assai e con la spada.

vv. 37-39

I due Poeti sono ancora nel terzo Girone del Sesto Cerchio. Mentre in lontananza si sente il rumore di una cascata, formata dal Flegetonte, tre dannati si avvicinano a Dante e chiedono di parlare con lui, perché è fiorentino come loro. Dante, Con l’assenso di Virgilio, si ferma e i tre, come lottatori che si muovono per studiarsi prima del combattimento, ruotano in cerchio e fissano il viso del poeta. Uno di essi prega Dante di rivelargli il nome, poi si presentano come Jacopo Resticucci, Guido Guerra e Tegghiaio Aldobrandi, personaggi di chiara e buona fama in vita. Dante ha un modo di commozione e rassicura le anime: in lui c’è solo dolore per la loro pena e ammirazione per il loro operato politico. Resticucci chiede a Dante se nella città di Firenze regnano ancora la cortesia e il valore perché le notizie portate loro dal defunto Guglielmo Borsieri sono di decadenza e corruzione. Purtroppo Dante non può che confermare queste notizie e pronuncia una sdegnata invettiva contro l’attuale corruzione della città. Dolorosamente stupidi, i tre dannati si congedano, raccomandando a Dante il loro ricordo tra i vivi. Nel fragore assordante della cascata del Flagetonte, i due poeti giungono sull’orlo di una voragine. Dante scioglie la corda che tiene legata sui fianchi e la porge a Virgilio che la fa calare nel dirupo. Si verifica a questo punto un evento straordinario: dal fondo del burrone, nuotando nell’aria, sta risalendo un essere misterioso e mostruoso.

Questo Canto è stato adottato da Pagnani Roberto

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Lettura del Canto

Il Canto viene letto da Andrea Chaves