Inferno Canto XXVI

Inferno 26

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.

vv. 118-120

Ci troviamo nell’ottava Bolgia dell’ottavo Cerchio, dove sono puniti i “consilieri fraudolenti”. Dante pronuncia un’invettiva contro Firenze, augurandosi anche che la sua fine avvenga presto. I due Poeti si arrampicano poi su scale rocciose. Guardando dall’alto il fondo della bolgia, vedono che le anime appaiono come dei punti di luce. Lo stesso capitò al profeta Eliseo quando vide il suo maestro Elia allontanarsi su un carro infuocato. Le anime si presentano come punti luminosi perché sono avvolte da fiamme: le lingue infuocate rappresentano quell’incendio metaforico che le anime provocarono con le parole false che pronunciarono. Ognuna di queste fiamme nasconde un’anima. Dante viene colpito soprattutto da una di queste fiamme, che ha la punta biforcuta, che sembra sorgere dalla pira. Virgilio spiega a Dante che in quella fiamma sono racchiuse due anime: quella di Ulisse e quella di Diomede, che hanno pianificato l’inganno del cavallo di Troia. Dante vuole parlare con queste due anime, ma Virgilio gli chiede di tacere e gli dice che avrebbe parlato lui. Virgilio vuole sapere come si concluse la vita di Ulisse. La punta più alta della fiamma, che rappresenta Ulisse, comincia a parlare. Ulisse volle conoscere il mondo al di là delle colonne d’Ercole e convinse i suoi compagni a intraprendere il viaggio. Il canto si conclude con il naufragio di Ulisse. Egli riuscì a malapena a vedere un’altissima montagna, quella del Purgatorio, prima che un enorme vortice lo facesse naufragare, lui e i suoi compagni, mentre il mare si chiuse sulla sua barca.

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Lettura del Canto

Il Canto viene letto da Andrea Chaves