Inferno Canto XXXI

Inferno 31

Ma lievemente al fondo che divora
Lucifero con Giuda, ci sposò;
né, sì chinato, lì fece dimora,
e come albero in nave si levò.

vv. 142-145

Mentre i due pellegrini, voltate le spalle all’ultima Bolgia dell’ottavo Cerchio, si avviano in silenzio verso l’orlo del pozzo che circonda il lago di Cocito (nel nono Cerchio), in cui sono puniti i fraudolenti contro chi si fida, alto, terribile, lacera l’aria il suono di un corno. Dante volge lo sguardo nella direzione del suono e gli pare di vedere molte torri, per cui domanda al maestro verso quale città si stiano dirigendo. Virgilio risponde che sono le forme dei corpi dei giganti, che sovrastano, con la parte superiore del corpo, l’orlo del pozzo dei traditori. I due poeti s’imbattono dapprima in Nembrot, l’ideatore della torre di Babele. Poiché le parole da lui pronunciate sono incomprensibili. Virgilio lo schernisce, esortandolo a sfogare la sua ira con il corno che porta appeso al collo. Alla distanza di un tiro di balestra da Nembrot si trova, saldamente avvinto da una catena, un altro gigante: è Fialte, distintosi nella lotta dei titani contro gli dei. Quando i due giungono presso Anteo, Virgilio si rivolge cortesemente a questo gigante. Gli ricorda i leoni catturati nella valle poi divenuta importante per la vittoria di Scipione su Annibale e ne elogia la forza. Virgilio prega quindi Anteo di deporre lui e il suo discepolo sulla superficie ghiacciata di Cocito, promettendogli in cambio fama nel mondo dei vivi. In silenzio, il gigante acconsente alla richiesta di Virgilio. Nell’attimo in cui si china per afferrare i due pellegrini, la sua figura richiama alla mente di Dante l’immagine della torre della Garisenda a Bologna, minacciosamente incombente su chi la contempla dal basso, ma il movimento eseguito dalla sua mano per posarli sul fondo della voragine infernale, è lieve.

Questo Canto è stato adottato da Andrea Franchi

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Lettura del Canto

Il Canto viene letto da Andrea Chaves