salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
vv. 136-139
Nel Cocito, Dante e Virgilio entrano nella quarta Zona del nono Cerchio, chiamata Giudecca, dove soffrono coloro che tradirono i loro benefattori. Nessuna delle anime dannate parla, nessuna è identificata: imprigionate totalmente nel ghiaccio, si possono appena intravedere, immobili in diverse posizioni: supine, ritte in piedi, capovolte, piegate ad arco. Nell’aria opaca comincia a delinearsi un’enorme sagoma, come un mulino le cui pale girano nel vento: è la mole gigantesca di Lucifero, piantato fino a mezzo il petto nella palude. Lucifero ha tre facce, quella anteriore è rossa, quella sinistra è nera e quella destra è gialla. Le tre bocche maciullano senza posa tre peccatori che tradirono le due supreme autorità, la spirituale e la temporale: Giuda, Bruto e Cassio. Giuda, per maggiore tormento, è straziato di continuo dagli artigli del mostro. Agitando le sue tre paia d’ali di pipistrello Lucifero genera il vento che fa ghiacciare il Cocito. Ma ormai i due poeti hanno visto tutto l’inferno ed è tempo di uscire; Dante si avvinghia al collo di Virgilio che scende, aggrappandosi ai peli di Lucifero, nello spazio tra il corpo di Satana e il ghiaccio che lo imprigiona. Giunto al centro del corpo (corrispondente al centro della terra), Virgilio si capovolge e proseguono attraverso una stretta galleria. Dante prega il maestro di risolvere alcuni dubbi: perché Lucifero sia sottosopra rispetto alla posizione precedente e perché sia già mattina. Virgilio risponde che hanno oltrepassato il centro della Terra e sono nell’emisfero australe. Lì è mattina quando nell’altro emisfero è sera. Virgilio spiega che il demone precipitò dal cielo e la terra si ritrasse per ribrezzo del contatto col mostro, raccogliendosi nell’emisfero boreale e formando il vuoto della voragine infernale, mentre in quello australe si formò la montagna del Purgatorio. Infine giungono alla superficie della terra, a riveder le Stelle.
La cupola del Planetario di Ravenna misura 8 metri di diametro e consente di vedere oltre 3.000 Stelle, nei due emisferi. Per “rivedere le Stelle” questa è la maggiore e più scientifica possibilità che c’è in città. È quindi appropriato mettere in relazione gli ultimi versi dell’Inferno con questa importante installazione.
Questo Canto è stato adottato da CNA Ravenna
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Risorse Disponibili
- Collocazione del Canto nella cosmologia Dantesca
- Testo integrale del Canto
- Racconto del Canto per bambini dai 5 ai 100 anni
Lettura del Canto
Il Canto viene letto da Andrea Chaves