Purgatorio Canto XXVI

Purgatorio 26

«O frate», disse, «questi ch’io ti cerno
col dito», e additò un spirto innanzi,
«fu miglior fabbro del parlar materno.

vv. 115-117

La settima Cornice è occupata da un grande fuoco, nel quale purificano il loro peccato i lussuriosi. Sopraggiunge una turba di anime, procedenti in direzione opposta rispetto a quella della prima schiera apparsa alla fine del canto XXV. Quando i due gruppi si incontrano, le anime, senza fermarsi, si baciano fra di loro. Quando si separano, quelle della seconda schiera gridano il nome di Sodoma e Gomorra, quelle della prima ricordano la regina cretese Pasifae, che si unì al toro da cui fu generato il Minotauro. Dopo aver rivelato di essere ancora vivo, Dante chiede che gli venga spiegata la divisione delle anime dei lussuriosi. Superato lo stupore un’ombra, che prima aveva chiesto a Dante se fosse ancora vivo, inizia a parlare: la schiera che si allontana gridando «Sodoma e Gomorra» è quella dei sodomiti, l’altra è quella dei lussuriosi secondo natura. L’anima che parla è Guido Guinizelli, iniziatore della scuola poetica del dolce stil novo. Dante, sentendo il nome del poeta che considera il padre suo e degli altri poeti che eccelsero nelle rime amorose in volgare, manifesta ammirazione per le sue poesie, che renderanno preziosi i manoscritti che le contengono finché si userà il volgare. Poi Guinizelli indica col dito un’anima che lo precede (Arnaut Daniel), dicendo che anche lui fu poeta volgare (in lingua d’oc) e si mostrò superiore a lui, anche se gli stolti gli preferiscono Giraut de Bornelh. Arnaut piange e canta nel fuoco in perfetta lingua occitana e chiede a Dante di recitare per lui un Padre Nostro quando sarà davanti a Cristo.

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Il Canto viene letto da Spazio A.