Inferno Canto XIII

Inferno 13

Allor porsi la mano un poco avante
e colsi un ramicel da un gran pruno;
e ‘l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?»

vv. 31-33

Nel secondo Girone del Cerchio dei violenti, il settimo, sono puniti i suicidi e gli scialacquatori, ovvero i violenti contro sé stessi. I suicidi sono trasformati in piante lacerate dalle arpie, gli scialacquatori sono inseguiti e dilaniati da cagne. Dante sente voci lamentose e urla, ma non riesce a scorgere nessuno. Virgilio, perché comprenda la pena, lo invita a spezzare il ramo di un albero lì vicino. Dopo aver strappato il ramo, si accorge che l’albero perde sangue e viene redarguito dallo stesso, che gli dice che dovrebbe esser più pietoso con le anime: è Pier delle Vigne. Pier delle Vigne rivestì importanti cariche imperiali, acquistò la fiducia dell’imperatore Federico II e fu anche nominato primo segretario, ma due anni dopo, nel 1249, fu privato delle cariche, fu arrestato e accecato col fuoco rovente. Poco dopo si suicidò. Pier delle Vigne spiega a Dante che, dopo il giudizio universale, i suicidi ritroveranno il proprio corpo inanimato appeso ai propri rami. Dopo il colloquio Dante incontra gli scialacquatori: Iacopo da Sant’Andrea e Lano da Siena. I due peccatori sopraggiungono correndo cercando di ripararsi dall’inseguimento di alcune cagne infernali. Uno dei due prova a rifugiarsi dietro un cespuglio, l’anima di un suicida fiorentino, ma viene scoperto da una delle cagne e viene dilaniato da essa, facendone risentire anche il cespuglio. Il suicida fiorentino può essere visto come la stessa Firenze, che continua a martoriarsi con le continue guerre civili.

Questo Canto è stato adottato da Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna

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Lettura del Canto

Il Canto viene letto da Andrea Chaves